Un dramedy sportivo su integrazione e riscatto personale la cui riuscita è garantita con Woody Harrelson nel ruolo di un allenatore di basket di talento ma dal pessimo temperamento
La pellicola mostra sin da subito le proprie carte perché lavora su di un concept semplice, accattivante e che funziona in qualsiasi continente, latitudine o longitudine
Marcus (Woody Harrelson) è un allenatore di basket di talento ma dal pessimo temperamento, costretto a fare il vice di Phil (Ernie Hudson) in una squadra di Junior League. Un giorno, dopo l’ennesima discussione a bordo campo, Marcus aggredisce Phil venendo perciò condannato da un giudice a scontare una delle due possibili pene: un soggiorno di diversi mesi in un penitenziario locale, oppure diventare l’allenatore di una squadra i cui giocatori sono tutti affetti da disabilità cognitive più o meno gravi. A malincuore Marcus è costretto ad accettare la seconda opzione e nei primi giorni farà subito la conoscenza di Johnny (Kevin Iannucci), la cui sorella Alex (Kaelin Olson) è una vecchia conoscenza di Marcus.
Aiutato dal vice allenatore Sonny (Matt Cook), Marcus troverà man mano un modo per legare con tutti i ragazzi, insegnando loro tutto sul basket ma imparando da loro molto sulla vita. Diretto da Bobby Farrel, “Campioni”, è il remake di “Campion”, film spagnolo del 2018 diretto da Javier Fesser. La pellicola mostra sin da subito le proprie carte perché lavora su di un concept semplice, accattivante e che funziona in qualsiasi continente, latitudine o longitudine. È una storia classica nella costruzione e nello sviluppo che flirta con i cliché senza staccarsene più di tanto, facendosi così veicolo tematico di un feel – good movie sulla redenzione e sul riscatto, oltre che di una critica sottile, ma non troppo, all’ intolleranza dei cosiddetti “normodotati “verso i diversamente abili. In “Campioni “però si è scelto saggiamente di essere quanto più veritieri possibili per quanto riguarda la rappresentazione, perché i ragazzi di Coach Marcus sono persone vive con sentimenti, sogni e ambizioni e, alle volte, persino più risolti dei loro stessi genitori, insegnanti o allenatori. Ha pellicola ha il merito di lasciare l’ipocrisia e il sentimentalismo becero fuori dalla porta, o meglio in panchina, cercando di raccontare una storia edificante nella maniera più dritta e mirata possibile. Un dramedy sportivo su integrazione e riscatto personale come ne abbiamo già visti in precedenza, la cui riuscita complessiva è comunque garantita da un sempre a fuoco Harrelson e dalla grande simpatia dei suoi giocatori, i “Friends”.